Sulla mia pelle Recensione – Originale Netflix

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Piccola premessa prima di vedere questo film, che è cruento e duro sotto ogni aspetto che si può immaginare, non prendetelo quindi sotto gamba giusto per dire l’ho visto perché ero curioso. Guardatelo per capire, per indignarvi e per protestare contro un modo di fare, delle persone in generale, che disumanizza l’essere persona. Sappiamo tutti, chi più chi meno la storia, ma vista e ricostruita attimo per attimo sarà devastante, quindi preparatevi e prendetevi il tempo che vi serve.

ECCO LA RECENSIONE DEL FILM SULLA MIA PELLE

L’attore italiano in ascesa Alessandro Borghi è ipnotizzante come Stefano Cucchi, un giovane romano morto dopo essere stato brutalmente picchiato dai carabinieri dopo essere stato arrestato insieme ad un suo amico per possesso e spaccio di droga.

Il piccolo spacciatore Stefano Cucchi è morto in un ospedale del carcere di Roma il 22 ottobre 2009. I titoli di coda ci informano che è stato uno dei 176 detenuti a morire quell’anno – ma a differenza della stragrande maggioranza, il caso di Cucchi è diventato uno scandalo nazionale grazie alla lotta della famiglia per la giustizia e il forte sospetto che la brutalità della polizia nella notte della sua detenzione possa aver giocato un ruolo nella sua scomparsa (un processo che coinvolge cinque carabinieri di Roma e che continua ad avere sentenze su sentenze, pur di arrivare alla verità).

L’intuizione chiave del regista Alessio Cremonini e della co-sceneggiatrice Lisa Nur Sultan non è quella di concentrarsi sul pestaggio, che accade (o forse no) dietro una porta chiusa nella quale non entriamo mai, ma le sue conseguenze. Qualunque cosa fosse successa, chiunque fosse da biasimare, un detenuto a malapena in grado di camminare, con lividi su tutta la faccia, è spedito allegramente attraverso il sistema giudiziario, dove diventa vittima della procedura, di un sistema in cui nessuno è preparato a esporsi assumendosi la propria responsabilità.

Sulla mia pelle si trasforma così in una variazione tipicamente italiana sull’incubo sistemico di Kafka (sebbene il modo in cui il protocollo giudiziario promuove l’indifferenza è probabilmente un fenomeno globale). L’ambientazione è reale e cruda: la periferia di Roma, dove convivono famiglie ‘borghesi’ rispettabili come quella del padre geometra di Cucchi (un raro ruolo drammatico per il comico italiano Max Tortora) e madre casalinga (Milvia Marigliano) convivono con la città in cui si susseguono decadenza e criminalità, i loro interni raffinati sono un rifugio dalle strade disseminate di graffiti. La loro figlia Ilaria (Jasmine Trinca) è la sorella stabile, con un lavoro, marito e figli; è il giovane punk Stefano di Borghi che la pecora nera all’interno della famiglia. Un figlio ribelle preoccupante, è apparentemente pulito dopo la riabilitazione.

Quello che segue è un lungo calvario di celle, uffici, aule di tribunale, corridoi e spazi ospedalieri, la loro claustrofobica assenza di respiro resa efficace dalla fotografia di Matteo Cocco e un uso intelligente dei luoghi. Un Cucchi sempre più fragile, i cui reni cominciano presto a spegnersi, fa quello che è nella sua cultura macho romana – sta zitto per il suo pestaggio, alternando pianti di aiuto e cupi rifiuti di trattamento.

Tutti gli altri, dalle guardie carcerarie al personale medico, agiscono anche all’interno della loro cultura – i medici ordinano le radiografie, una guardia carceraria apparentemente comprensiva chiede a Cucchi se è davvero caduto dalle scale mentre chiaramente non vuole sapere la risposta, un’infermiera prende nota del rifiuto del paziente di una flebo di liquidi. E in qualche modo, a un giovane uomo è concesso di morire sotto gli occhi e alle cure di dozzine di persone che stanno semplicemente seguendo il protocollo.

Borghi incarna, letteralmente, la trasformazione di Cucchi nel corso di un film che si estende per soli sette giorni da un ragazzo in forma, muscoloso a un guscio rotto di un uomo. Una colonna sonora di Mokadelic, il gruppo che ha fornito la musica per la serie TV Gomorra, sottolinea il dramma con accordi di pianoforte a lungo tenuti e momenti elettronici. È sottovalutato – proprio come i pochi e lievi accenni del film che Cucchi sta affrontando un calvario dei giorni nostri, un suggerimento al suo meglio quando lo vediamo inclinato verso l’alto su una macchina a raggi X, legato a una croce tecnologica che non dà assolutamente sollievo o redenzione.

TRAILER

CONSIGLIO / SCONSIGLIO

Questa volta queste due parti le lascerò in bianco apposta perché non mi sento di dirvi perché guardarlo o non guardarlo, vi ho già detto abbastanza nella mia premessa iniziale ora scegliete voi e poi fatemi sapere cosa ne pensate.

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