The Girl With All the Gifts (La ragazza che sapeva troppo) Recensione – Originale Netflix

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La ragazza che sapeva troppo, diretto da Colm McCarthy, è una variazione britannica moderatamente avvincente e attendibilmente sul tema della vera e propria zombie-apocalisse con un cast di prim’ordine. La formula, ha funzionato quasi fino alla morte – o è inferiore? – in “The Walking Dead” e altrove, è stato ottimizzato un po’.

I cannibali tremanti e dagli occhi vuoti sono chiamati “affamati” e la loro infezione sembra essere fungina piuttosto che virale. Inoltre, alcuni sono dei bambini carini e dall’aspetto normale, tra cui il personaggio del titolo, una ragazza di nome Melanie (Sennia Nanua).

Le particolarità della situazione di Melanie sono esposte nel primo atto. Vive in un campo di ricerca con altri bambini simili, rinchiusi in una cella carceraria e in una routine quotidiana che è una parodia crudele e distopica della normalità. I detenuti, indicati dalle guardie come “aborti”, sono incatenati alle sedie a rotelle e portati in classe. La loro istruzione è più per scopi di ricerca che di educazione, ma almeno un insegnante, la signora Justineau (Gemma Arterton), va contro il protocollo e tratta i suoi studenti come se fossero esseri umani. Che è quello che sembrano essere, almeno fino a quando la loro fame non viene attivata.

L’ambigua umanità degli zombi – la porosità del confine tra noi e loro – è un caposaldo del genere. Quando l’inevitabile crisi arriva, mandando Melanie e la signora Justineau in un pericoloso viaggio in compagnia di uno scienziato ricercatore (Glenn Close) e due soldati (Paddy Considine e Fisayo Akinade), La ragazza che sapeva troppo si sistema in un familiare ritmo. Sessioni di carneficina e macellazione affamata si alternano a dibattiti filosofici a lenta combustione.

Melanie è sia necessaria alla sopravvivenza delle sue compagne, dal momento che i suoi compagni di affamati non la infastidiranno, e una minaccia esistenziale per la razza umana. La signora Justineau insiste nel trattarla più come una protetta che come un potenziale predatore. la dott.ssa Caldwell (Glenn Close), lo scienziato, la considera un utile esemplare di laboratorio, mentre i soldati la vedono come un nemico subdolo e potente. La tengono ammanettata tranne che per le missioni di ricognizione.

Nel film ci concentriamo sempre più da vicino sulle dinamiche interpersonali all’interno del gruppo centrale mentre fanno il loro modo sospetto attraverso un paesaggio invaso da una vegetazione simile a triffidi, lo stadio del micelio dell’evoluzione del fungo. C’è un vantaggio cronenbergiano nell’atteggiamento ambivalente del film nei confronti dell’infezione, incapsulato nella prestazione sfumata di Nanua che cambia tra innocenza giovanile, sopravvivenza selvaggia e dipendenza da oppiacei. Le scene di Melanie in una maschera stile Hanniball Lecter legata al tetto di un veicolo militare combinano orrore e pathos con aplomb assurdo. Altrove, gli incontri con altri della sua specie richiamano sia il tribalismo di Lord of the Flies (Il signore delle mosche) e i legami alieni di The Midwich Cuckoos di Wyndham, l’ultimo dei quali sembra essere stato una sorta di pietra di paragone tonale.

Una visione sorprendente della BT Tower di Londra, ricoperta da una colossale vegetazione, è solo uno dei numerosi colpi di design di produzione che evocano un mondo che Ray Bradbury avrebbe potuto riconoscere. Ma mentre McCarthy non ha paura di annuire verso i predecessori cinematografici come George A Romero (immagini di affamati che vagano sulle porte di Waterstones e Waitrose richiamano consapevolmente la sua Dawn of the Dead ), la sua visione rimane singolare e distintiva, spostando piuttosto il genere in avanti che semplicemente ritirandosi nel suo passato. In questo sforzo è assistito da una colonna sonora superba di Cristobal Tapia de Veer, meglio conosciuta per il suo lavoro sull’utopia della TV e, più recentemente, per il National Treasure. Usando voci umane trattate per creare lamenti simili a un theremin e rumori ultraterreni, il compositore nato in Cile ha evocato un paesaggio sonoro luccicante che è parte integrante della potenza inquietante del film come il lavoro pionieristico di Mica Levi su Under the Skin.

Anche le esibizioni sono forti, con Arterton che si innalza alla sfida del suo miglior ruolo da La scomparsa di Alice Creed, Glenn Close che sorregge la determinazione d’acciaio con qualcosa di più fragile, e Paddy Considine che convince senza sforzo come il soldato assurdo impegnato in una battaglia persa. Per quanto riguarda Nanua, un futuro luminoso attende chiaramente questa stella nascente, che più di lei tiene il suo in mezzo a un cast così esperto, assicurando che siamo solidali con la tristezza di Pandora di Melanie anche se la sua presenza porta caos e confusione.

Un salto di qualità dal debutto, ma intrigante, film del 2010 di McCarthy, Outcast (con cui condivide alcune preoccupazioni tematiche), The Girl With All the Gifts è esattamente il genere di immagine che il Regno Unito dovrebbe fare: provocante, fantasioso e senza paura di affondare i denti in materiale complesso e stimolante.

Del regista scozzese Colm McCarthy, sicuramente vi ricorderete che il piccolo schermo ha diretto Doctor Who, Sherlock e Peaky Blinders, respira nuova vita in antichi trofei horror, prendendo le familiari paure di zombi, i bambini apocalittici e inquietanti e girandoli in modi sorprendenti. Sebbene la narrativa dello scrittore Mike “MR” Carey su una piaga fungina che trasforma le vittime in “fame” cannibale occupa un paesaggio post- 28 giorni dopo, le ossessioni centrali esplorate qui sono più vicine alle crisi di identità di Never Let Me Go (Non lasciarmi, sia libro che film), con una forte tensione di fondo della stranissima stranezza di John Wyndham.

Il budget potrebbe essere stato relativamente limitato (4,4 milioni di sterline), ma non così l’ambizione dei registi che evocano un ritratto di genere avvincente come i suoi zombi da guastafeste, che destreggiano la premura e il sangue, il cervello e la forza, con sovversivo arguzia e invenzione.

Tutto sommato è un film sugli zombie diverso dal solito e che prende in considerazione tutta un’altra prospettiva che fino ad adesso non si era presa in considerazione!

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