La brutale fanciullezza di Philip aiuta Matt Smith a raggiungere altezze strazianti.
L’argomento a portata di mano è l’infelice infanzia di Charles (Julian Baring), un ragazzo sensibile destinato a deludere il Principe Filippo. Come nel dispaccio di Churchill, la Regina è declassata in questo episodio per dare spazio alla conoscenza della triste infanzia del suo amato Filippo e alla conoscenza del futuro Re d’Inghilterra Carlo.
Intrecciato con il solitario soggiorno di Charles – “imprigionamento” è forse il termine più accurato – nello spartano collegio di Gordonstoun, nel nord della Scozia, ci sono flashback per il tragico raggiungimento della stessa età di Philip nella stessa istituzione. Se Gordonstoun rappresentava l’inferno sulla terra per Charles – “Colditz con kilt”, notoriamente lo soprannominò – il tempo di Philip alla scuola, dove la forza fisica è tanto cara quanto il successo accademico, rappresenta il crogiolo in cui il ragazzo diventa uomo.
Il principe (Matt Smith) vuole lo stesso per Charles – un rito infernale di passaggio dal quale uscirà, segnato ma più forte. “Questo non è il mondo reale”, dice al figlio mentre un inserviente taglia le sardine del Principe al tavolo della colazione. In uno scontro stretto con Elizabeth – in accordo con Earl Mountbatten (Greg Wise) che il signor Eton è di gran lunga migliore – Philip essenzialmente minaccia di abbandonare il matrimonio. È Gordonstoun il luogo giusto per Charles dove essere solamente sé stesso e non un mero Re che non sa cosa vuol dire vivere nel mondo reale.
Da qui, The Crown vola a livelli strazianti. Il giovane Philip (Finn Elliott) viene introdotto mentre parla in un tedesco fluente con un uomo vestito con i più alti gradi dei nazisti e che sorride in sottofondo. Questo è il cognato di Philip, il Granduca d’Assia, marito della sua amata sorella Cecilie.
È il 1937 e il principe che aveva viaggiato tra la Grecia e la Danimarca lascia il Reich per Gordonstoun e il suo fondatore Kurt Hahn, un educatore radicale che crede che i leader di domani saranno plasmati attraverso trivellazioni mattutine e docce fredde.
Morgan, che ha scritto Paterfamilias con Tom Edge (Strike) e il regista Steve Daldry, esplora lo sfondo nazista della gioventù di Philip con curiosità e sensibilità. Sono stati aiutati immensamente da una performance d’impatto di Elliott, sobbollire con una rabbia che, nell’adulto Philip, si trasformerà in un fragile machismo.
La morte di sua sorella in un incidente aereo – il suo viaggio condannato all’ultimo minuto per un cambiamento del piano a causa della detenzione di Philip per essersi azzuffato a Gordonstoun – lo costringe a tornare di corsa in Germania per il funerale. Le bandiere naziste ondeggiano da ogni finestra mentre il corteo passa per le strade.
È una scena incredibile: il Terzo Reich ha preso vita con una verosimiglianza che trascende il solito cliché da stivale. Ma l’episodio distrugge le emozioni anche se abbaglia. Che tragedia, in particolare, vedere Philip portare il dolce Charles la rabbia non elaborata della sua infanzia – in gran parte causata dalla malattia mentale di sua madre e il rifiuto da parte del suo orribile padre (che rimprovera pubblicamente Philip per la morte di Cecilie).
Le schegge del passato di Philip si rifanno vive dopo l’ultimo pianto di Charles dopo che finisce la gara di cross country annuale di Gordonstoun. In seguito vediamo Philip che entra in una cabina di pilotaggio per far volare a casa il Principe e gli fa ancora una volta un discorso sul fatto che la vita a palazzo non è la vita del mondo reale e che Gordonstoun può insegnargli quella vita.
Quando l’aereo colpisce attraversa una turbolenza e Charles comprensibilmente va nel panico, suo padre perde la calma. Charles si affretta ad abbracciare il seguito reale, che gli mostra più amore di quanto non faccia suo padre. L’espressione di Smith contiene moltitudini di significati – confusione, rimpianto, autocommiserazione.
Di ritorno al palazzo, l’erede al trono è osservato da una finestra dalla Regina. Mentre Philip si lancia a giocare con la principessa Anna, lo sguardo di Elizabeth cade su una tata che da’ il benvenuto a Charles. Elisabetta osserva silenziosamente, impassibile e con sentimenti repressi che combattono che vengo espressi magnificamente da Claire Foy, attraverso le espressioni del viso.
Eppure non va da Charles, che in seguito vediamo da solo nella sua stanza – una conclusione schiacciante per un episodio che ha tirato le corde del cuore con incessante virtuosismo. È vero che, oltre a confermare l’esilio interiore emotivo di Elizabeth, Paterfamilias fa ben poco per far avanzare l’arco generale della stagione.
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