Recensione film: Kramer versus Kramer

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Quando tornerà mamma?” chiese Billy.

Non lo so Billy. Presto” rispose Ted; in cuor suo, però, sapeva che non sarebbe stato affatto così.

Kramer versus Kramer è la storia di una famiglia, una piccola famiglia da cui Joanna decide di separarsi quando capisce che non ce l’avrebbe più fatta. Allora fa le valigie, saluta il piccolo Billy, il marito Ted e decide di continuare per la sua strada, da sola. Ma perché? Perché Johanna non era più felice? E’ quello che continua a chiedersi Ted, sicuro di aver fatto l’impossibile per rendere felice la sua piccola famiglia. Diventa, così, la storia di un padre e un figlio: Ted, mai stato troppo attento al suo piccolo per via del lavoro, e Billy, tanto legato alla sua mamma.  Durante tutto il corso del film seguiamo le loro giornate e il modo in cui ricostruiscono il loro legame: Ted impara a cucinare i french toast, ad ascoltare suo figlio e a dargli ciò di cui ha bisogno, mentre Billy impara a vivere senza la sua mamma e inizia a chiedere di lei sempre più raramente. L’equilibrio che avevano trovato, però, viene interrotto: dopo alcuni mesi Joanna torna, con la pretesa di chiedere l’affidamento di Billy. Allora, diventa una storia di lotta: lotta tra un padre, che ha riscoperto l’importanza di suo figlio nella sua vita, e una madre, che dopo un percorso di riabilitazione, è di nuovo in grado di prendersi cura del suo bambino.

La potenza e la bellezza di questo film, a mio avviso, sono rese dalla sua pura e semplice normalità. Non ci sono galassie da scoprire, nessun supereroe che combatte il crimine, né storie d’amore strappa lacrime. E’ la storia della vita di ognuno di noi. Si cade, a volte, come Joanna: si cade e si necessita di staccarsi da tutti per poter ricominciare, anche da quelli a cui vogliamo più bene. Ci si deve prendere le proprie responsabilità, come succede a Ted: bisogna rimboccarsi le maniche per andare avanti, mettere gli affetti al primo posto e lasciare da parte il lavoro. E si cresce, come per Billy: i momenti difficili ci rendono più forti e ci aiutano a maturare.

Non ci sono ambientazioni fantascientifiche, né effetti speciali: solo una casa, un ufficio, una scuola, un parco; nessuna musica da pelle d’oca, solo la colonna sonora della quotidianità. Questo film trasmette emozioni forti, perché è in ballo il legame primordiale tra genitori e figli; ci fa sentire a casa, grazie ai colori caldi e gli ambienti che si ripetono nelle varie scene e ci diventano familiari. Siamo anche noi nella cucina con Billy e Ted che preparano la colazione, ci sentiamo anche noi scombussolati al ritorno di Joanna. Vorremmo anche noi giustizia per una donna che ha abbandonato la sua famiglia; siamo vicini a Ted quando viene licenziato, soltanto perché sta cercando di essere un padre migliore. Ci emozioniamo anche noi quando Joanna piange davanti al giudice dicendo “per riuscire a lasciare Billy dovevo essere sicura che fosse l’unica cosa che potessi fare. Non riuscivo a vivere in quella casa, ma da allora mi sono fatta aiutare, ho lavorato molto duramente per cambiare, e non credo che dovrei essere punita per questo. Io sono la sua mamma” E’ quindi, questa, anche una storia di seconde possibilità: una volta qualcuno disse “dal passato puoi scappare o imparare qualcosa”, e Joanna ha imparato.

Nonostante, quindi, gli errori, la donna vince e riesce ad avere l’affidamento di Billy. Quando, però, si reca nella sua vecchia casa per prenderlo e portarlo con se, non riesce a farlo. “Sono venuta per portare Billy a casa, ma ho capito che si trova già a casa sua”. Joanna capisce, quindi, che i mesi passati con Ted sono stati davvero importanti per il bambino, e che sarebbe stato negativo, per lui, costringerlo a cambiare le nuove abitudini che con tanta fatica aveva ricostruito con il suo papà. Imparare a farsi da parte, ad essere meno egoisti e a mettere in prima linea gli interessi di chi amiamo, sono le lezioni che impariamo proprio nella scena finale del film.

Piccolo capolavoro della fine degli anni ’70, non è assolutamente un caso che abbia vinto una miriade di premi: Oscar, Golden globe, BAFTA e David di Donatello al miglior film drammatico. Una menzione d’onore, a mio avviso va ai due straordinari protagonisti: non è, questo, un film dai mille attori, ma quei pochi che ci sono riempiono egregiamente la pellicola. Vediamo una giovanissima Meryl Streep agli esordi, a cui questo film è valso la vittoria agli Oscar come migliore attrice non protagonista. Incerta, spaventata, dalle poche parole e con gli occhi pieni di lacrime e speranza, fa dei monologhi il suo punto di forza. Dall’altra parte, Dustin Hoffman:  deciso, mai una lacrima, raramente un sorriso, coraggioso e determinato, anche per lui questo film ha rappresentato la vittoria agli Oscar come migliore attore protagonista.

Consiglio/Sconsiglio

Consiglio a chi ha voglia di emozionarsi. A chi ha voglia di calarsi nei panni di due semplici genitori che cercano di dare il meglio al loro bambino. A chi volesse imparare che non sempre le famiglie sono perfette e che, a volte, i legami più forti nascono dai momenti di difficoltà.

Sconsiglio a chi non piace particolarmente i film “d’una volta”, a chi è abituato all’azione, ai film con scenografie spettacolari e colpi di scena da brivido.

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